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Con la risposta ad interpello 24 settembre 2020 n. 407 (testo), l’Agenzia delle Entrate si pronuncia sulla qualificazione fiscale di uno schema – definito di carried interest – per i manager di una SGR che investono in un fondo da essa istituito e gestito. Come noto, in presenza dei tre presupposti indicati dall’art. 60 del d.L. n. 50/2017, il carried interest è qualificato come reddito finanziario (di capitale o diverso) ex artt. 44 o 67 Tuir in forza di una presunzione legale.
Nel caso esaminato nella risposta, mancando uno dei presupposti (impegno di investimento di tutti i manager almeno uguale all’1% dell’investimento totale nel fondo) viene preliminarmente rilevato che tale assenza richiede un’analisi volta a verificare caso per caso della natura del provento seguendo la ratio della norma: la regolamentazione del carried interest deve garantire, infatti, anche in termini di ammontare, un allineamento degli interessi e dei rischi dei manager e degli altri investitori tale da consentire di attribuire alle distribuzioni natura finanziaria anziché lavorativa.
Ed è proprio detto allineamento di interessi che secondo l’Agenzia viene a mancare nel caso esaminato: infatti, (i) l’investimento dei singoli manager si presenta modesto in valore assoluto e (ii) risulta che la remunerazione dei manager si componga esclusivamente della parte fissa e di nessuna parte variabile, circostanza giustificata dalle politiche di remunerazione della SGR e dai verbali del suo consiglio di amministrazione, dai quali si evincerebbe che sarebbe proprio il carried interest a concretizzare un sistema premiante come “forma di incentivo” e sostitutivo della remunerazione variabile.
Ne consegue l’impossibilità di riconoscere ai proventi derivanti da tale carried interest ideato dalla SGR una natura finanziaria e, quindi, la loro qualificazione fiscale come reddito di lavoro dipendente ex art. 51 Tuir.
[Per richieste ed approfondimenti, contattare giuseppe.matarazzo@galaw.it ed antonello.lops@galaw.it ]